Cerimonia per la festa di San Francesco, l’intervento del Presidente Meloni

Cerimonia per la festa di San Francesco, l’intervento del Presidente Meloni

Buongiorno a tutti.
Saluto le Sue Eminenze il Cardinale Artime, il Cardinale Simoni.
Ricordo che San Francesco insegnava anche il rispetto: rispetto nell’ascolto, rispetto nel comprendersi, rispetto nel capire le ragioni degli altri.
Saluto Monsignor Sorrentino, saluto Monsignor Cibotti, fra Trovarelli, i Ministri Generali e Provinciali delle Famiglie Francescane, il Custode del Sacro Convento di Assisi, fra Marco Moroni, la Presidente Proietti, il Presidente Marsilio, il Sindaco Stoppini, il Sindaco Biondi, tutti i Sindaci, le Autorità presenti, le tante persone che vedo in questa piazza.
Nella mia vita io sono stata ad Assisi in diverse occasioni, ma è la prima volta che partecipo alle celebrazioni di San Francesco come Patrono d’Italia. Ed è certo un onore per me, ma è soprattutto una grandissima emozione, perché so quanto questa ricorrenza sia radicata nel cuore del popolo italiano. Una devozione forte, autentica e viscerale, che si legge chiaramente sui volti delle tantissime persone e dei fedeli che sono qui oggi, che si fa solenne nei Gonfaloni innalzati in questa piazza, che splende nella luce della lampada, votiva che è stata accesa poco fa in Basilica, che arde grazie all’olio donato dall’Abruzzo a nome di tutti i Comuni d’Italia.
Oggi il popolo italiano rivolge lo sguardo qui, al Poverello d’Assisi, “il più amabile, il più poetico e il più italiano de’ nostri santi”, come lo ha definito un filosofo e un patriota come Vincenzo Gioberti. Perché San Francesco è una delle figure fondative dell’identità italiana, forse la principale. Ha scritto il testo poetico più antico della nostra letteratura, il Cantico delle Creature. E quei versi hanno aperto la strada che ha guidato Dante, Petrarca, Boccaccio, che ha reso grande e conosciuta in tutto il mondo la nostra lingua. Una missione culturale che svela ancora oggi la sua potenza, la sua unicità.
San Francesco ha lasciato la sua impronta indelebile sull’arte, sulla poesia, sul teatro, sulla cultura, sulla scienza. E la sua spiritualità ha attratto e ha affascinato generazioni di italiani, ispirando alcuni dei più grandi uomini di cui la nostra Nazione può fregiarsi. Terziari francescani sono stati Giotto, Alessandro Manzoni, Cristoforo Colombo, Alessandro Volta e tanti altri insieme a loro. San Francesco ha incarnato la summa di quel genio che rende il nostro popolo un unicum, ammirato e apprezzato nel mondo.
Nel cuore della roccia ha dato origine al Presepe, la più dolce e profonda rappresentazione universale di un Dio che si è fatto bambino ed è venuto al mondo, nel mondo, per insegnare agli uomini ciò che gli uomini non avevano conosciuto prima di lui, il perdono, addirittura l’amore per il nemico.

Tuttavia San Francesco non è stato un “trovatore sognante”, ma un uomo d’azione, rapido fin quasi ad essere precipitoso nei compiti che assumeva o negli impegni che prendeva. Non amava i compromessi, le mezze verità, i sotterfugi. Era esigente, come sono esigenti i Santi, uomini e donne tanto normali quanto radicali nel coraggio delle loro scelte.
San Francesco è stato un uomo estremo, ma non un estremista. Ha dato l’esempio della povertà, ma non quello della miseria, che lui e i suoi fratelli hanno sempre combattuto. E, in nome di quella povertà, ha ricordato a tutti noi che nulla in fondo è nostro: né i figli, né le persone a cui vogliamo bene, né i nostri beni o il nostro corpo. Tutto è un dono, la preziosa eredità di un Dio che ci ama nella nostra imperfezione.
Ha ricordato all’uomo che è il custode del Creato, e che la vita in tutte le sue forme è affidata in maniera speciale alla responsabilità e alla cura degli uomini. Perché, come ci ha di recente ricordato Papa Leone, noi non siamo altro che “amministratori premurosi” di quella casa, “affinché nessuno distrugga irresponsabilmente i beni naturali che parlano della bontà e della bellezza del Creatore, né, tanto meno, si sottometta ad essi come schiavo o adoratore della natura”.
Nella “Lettera ai Reggitori dei popoli”, San Francesco esorta chi ha responsabilità di governo a non misurarsi soltanto con il consenso, ma a tenere conto nel proprio operato del più grande orizzonte di senso. È un invito che scuote e che inquieta, che non dà indicazioni politiche ma che agita i cuori. E non lascia indifferenti.
San Francesco è stato un uomo di pace, di dialogo, di confronto. Ha suscitato pace dentro e fuori i confini di Assisi, portando il suo messaggio dove nessun altro aveva osato. Disarmato di tutto, tranne che della sua fede e della sua mitezza, non esitò a mettere in discussione la sua stessa vita pur di incontrare il Sultano e promuovere con lui quel dialogo nella verità e nel rispetto reciproco che ancora oggi rappresenta un modello. Perché San Francesco ci insegna che si deve tentare di parlare con tutti, anche con chi può sembrare un avversario, o addirittura un nemico. Dove finisce il dialogo e si esaurisce la pazienza della relazione con chi è diverso, non ti piace o non la pensa come te, è lì che germoglia il seme della violenza e il virus della guerra. Un messaggio oggi attualissimo.
San Francesco ha vissuto tempi tormentati, come tormentati sono i nostri. La terza guerra mondiale combattuta a pezzi evocata da Papa Francesco si sta consumando in modo spaventoso. Sono 56 i conflitti in corso nel mondo, il numero più alto dalla fine della Seconda guerra mondiale. La pace, il dialogo, la diplomazia sembrano non riuscire più a convincere, e a vincere. E l’uso della forza prevale in troppe occasioni, sostituendosi alla forza del diritto.
Eppure, questo scenario, all’apparenza cupo e irreversibile, non può e non deve spingerci alla resa. Ad arrenderci, cioè, all’idea che non ci sia altra opzione oltre la guerra. Solo che la pace – ci ricorda sempre San Francesco – non si materializza quando la si invoca, ma la si costruisce con impegno, pazienza, coraggio. Ci si arriva mettendo un mattone dopo l’altro, con la forza della responsabilità e l’efficacia della ragionevolezza.
È quanto ci auguriamo stia accadendo in Palestina, in quella terra che San Francesco ha voluto conoscere e che lo ha profondamente segnato. Il Piano di pace statunitense già approvato da Israele, condiviso dagli Stati europei, da molti Stati islamici, dall’Autorità Nazionale Palestinese, grazie alla mediazione di alcuni Paesi arabi, particolarmente Qatar, che penso tutti dobbiamo ringraziare, potrebbe essere accolto anche da Hamas. Questo vorrebbe dire tornare finalmente alla pace in Medio Oriente, vedere cessare le sofferenze della popolazione civile palestinese, vedere il rilascio degli ostaggi israeliani trattenuti ormai da due lunghissimi anni.
Una luce di pace squarcia la tenebra della guerra. E abbiamo tutti il dovere di fare quanto è nelle nostre possibilità affinché questa preziosa e fragile opportunità abbia successo. E sono fiera del contributo al dialogo che ha saputo dare l’Italia, in prima linea nel sostegno umanitario alla popolazione palestinese e, al contempo, interlocutore credibile per tutti gli attori coinvolti, sempre, senza cadere nella trappola della contrapposizione frontale che pure molti, spesso più che per interesse che per convinzione, invocavano.
È questa la visione che caratterizza da sempre l’identità dell’Italia, la sua azione sullo scenario globale, e che ci consente di essere riconosciuti come interlocutori privilegiati e costruttori di pace, umanità, solidarietà. È la nostra tradizione, è il solco in cui anche questo Governo opera.
San Francesco è stato un ponte tra Occidente e Oriente. Un uomo che, facendosi piccolo, ha richiamato tutti alla vera grandezza. Assisi, l’Umbria e l’Italia, che si raccolgono oggi nel suo nome, offrono l’immagine più vera di ciò che siamo. Uomini e donne dotati di due fonti del sapere e dell’amore, la ragione e la fede. Perché, se non sai chi sei, non puoi dare nessun contributo al dialogo tra culture. Se non conosci e non riconosci te stesso, non puoi amare l’altro e non puoi farti amare. Questa è la cultura del rispetto in cui crediamo, e che continuiamo a promuovere.
Sono tutti questi insegnamenti e molti altri che si potrebbero citare ad aver fatto di San Francesco un’esplosione di vita, e che ha portato gli italiani a eleggerlo come loro patrono. Un anno fa, da questa Loggia, un “poeta libero e senza potere”, come si è definito lui stesso, ha rivolto un appello. Lirico e potente, come è nel suo meraviglioso stile. Davide Rondoni ha chiesto alla politica di riflettere sulla figura di San Francesco, di recuperarne il senso più profondo, di reintrodurre il 4 ottobre nel novero delle Feste nazionali. E, come sapete, quell’appello non è caduto nel vuoto. Come non succedeva da molto tempo, le parole di un poeta sono risuonate in Parlamento e il Parlamento ha trasformato quelle parole in una legge dello Stato. Il legislatore ha scelto di restituire San Francesco – la sua eredità, il suo messaggio, il suo carisma – alla dimensione pubblica e civile di questa Nazione. Non un capriccio o addirittura uno spreco di denaro, come da alcuni è stato sostenuto, ma una scelta di identità. Un atto d’amore per l’Italia e per il suo popolo.
E a me, personalmente, piace vedere questo voto del Parlamento come un omaggio anche al primo Pontefice che ha scelto il nome di Francesco nell’anno in cui è tornato alla Casa del Padre.
Il prossimo anno non torneremo a celebrare solo il 4 ottobre come Festa nazionale, ma celebreremo anche l’ottavo centenario della nascita al cielo del Poverello d’Assisi. Lo faremo potendo contare sul prezioso lavoro messo a punto dal Comitato nazionale per le celebrazioni, anche con il sostegno del Governo. E abbiamo lavorato anche per costruire iniziative innovative, capaci di lasciare segni stabili nel tempo. Penso su tutti al progetto di digitalizzazione della Biblioteca del Sacro Convento, all’intitolazione a San Francesco del nuovo Ponte dell’Industria a Roma, alle attività rivolte ai più giovani che si svolgeranno in Egitto e in altre Nazioni africane nell’ambito del Piano Mattei, fino al coinvolgimento della rete degli Istituti di Cultura all’estero per far conoscere ancor di più il nostro Santo nel mondo.
Cari amici,
Oggi celebriamo un uomo che ha lasciato tutto per trovare tutto. Un Santo che ha insegnato al mondo la gioiosa semplicità dell’amore. Un italiano che ha forgiato l’identità di un intero popolo.
Ma non lo facciamo perché lui abbia bisogno di noi, Lo facciamo perché siamo noi ad avere bisogno di lui. Che San Francesco aiuti la nostra Italia.
Buona festa di San Francesco!

Fonte : https://www.governo.it/it/articolo/cerimonia-la-festa-di-san-francesco-lintervento-del-presidente-meloni/29950
Fonte video : https://www.instagram.com/p/DPY9cWeDGhn/