San Francesco non era un paladino dell’ambiente

 

C’è un fantasma – o forse un fantoccio- che s’aggira per convegni e scuole, per mostre e Ministeri e festival, a volte persino per santuari e sacrestie. Lo riconosco da lontano. Soprattutto perché è un fantasma noioso, un fantoccio che dice cose scontate. Mi ci imbatto anche per via dell’incarico ricevuto d’occuparmi dell’VIII centenario della morte di San Francesco. È appunto il suo fantoccio come “primo ecologista”, come uomo amante della Natura. Come se san Francesco fosse un allegro escursionista amante di fiori farfalle e bei panorami. Ma provate a andare a dire “sorella acqua” a chi ha subito un’alluvione – e ai suoi tempi che danni immensi- o “frate focu” a chi sta sotto un vulcano, il quale naturalmente non chiede il permesso a quelli sotto prima di eruttare. Da dove sorge invece questo suo sguardo amante verso le creature ? Persino verso “sorella morte”? (non mi sembra di vedere tanti ecologisti “amanti della natura” chiamarla così). Forse il centenario può aiutare a una più profonda e inquietante riflessione sul rapporto tra Francesco e quel che noi chiamiamo Natura e lui chiamava Creature. Si badi che l’origine della parola è la stessa, come si vede anche in italiano in mille flessioni. Ovvero Nascita, Natus, Natura e Creazione hanno una cosa in comune: non avvengono per autodeterminazione. Si nasce o si viene creati da qualcosa che comunque è antecedente. Mistero? Caso ? Dio? Di certo non si nasce da se stessi e nemmeno ci si crea.

Altri hanno strumenti storici e filologici più acuti dei miei per smontare questa “visione” tanto ridicola quanto persistente del primo ecologista. Però so leggere. E mi pare evidente che il Cantico delle creature non è una lode alla Natura. Francesco come tutti i grandi poeti, da Lucrezio a Leopardi e come tutti i semplici contadini, sa che la natura non è madre. Se un giorno la chiami madre poiché ti dona bei tramonti e gattini commoventi, il giorno dopo hai buoni motivi per chiamarla matrigna, se ti offre il tumore al pancreas o l’albero che la tempesta abbatte su di te. Senza contare che oggi si ama molto la natura a parole ma ci si ribella a quanto di più “naturale” ci sia: la vecchiaia, il sesso biologico, la precarietà della salute. E quando vedo, come di recente, il nome di san Francesco accanto a scritte come “Madre Natura” – quasi come fosse la pubblicità di un negozio di prodotti “bio” – sento tra sconforto e ira. Nel Cantico la parola “Matre” è riservata alla terra come allegoria di un grembo da cui nascono “frutti e fiori coloriti et herba”.

(Leggi l’articolo completo su Avvenire.it)