“Ci guarda San Francesco.”

Discorso del Presidente Davide Rondoni in rappresentanza del Governo Italiano in occasione dei festeggiamenti del 4 ottobre 2024 in Assisi

Mi fissa, ci fissa Francesco, dopo quasi 800 anni. Il poeta santo, il patrono, il piccolino, il giullare di Dio…Imprendibile e pur chiaro nella sua santità. E cosa chiede o quasi supplica lui inquieto e lieto alle nostre vite? cosa chiede la sua vita conosciuta studiata e pure sfuggente? La sua parola che ancora nel Cantico brucia e canta – e non solo in quella lode a un passo dal precipizio o volo della morte? cosa chiede attraverso queste pietre e le persone che le abitano e che ci parlano di lui oggi? Chiede povertà e perdono. La povertà non è la miseria, che infatti lui combatteva, ma vivere nel mondo, nei rapporti, anche quelli più stretti, cruciali, andando leggeri, riconoscendo che il mondo, le persone, l’aria, le stelle, e quel che trema negli occhi dei tuoi figli non è tuo. La povertà è vivere tutto come segno del vero Onnipotente. Non siamo i padroni del mondo e di nessuno. La povertà è comprendere che non puoi alzare la mano contro nessuno – nessuno, e nemmeno il bambino nascente né contro la persona morente. Tutto è del Mistero, dell’Altissimo. Se non si trema per questa parola, per questa realtà, se non ci si commuove come il ragazzo di Assisi con la faccia a terra chiedendo “chi sono io, chi sei Tu?” la società diviene solo terra del possesso, del sopruso, del potere del più forte, della mancanza di amicizia. Dello scambio e basta. E i cuori, specie dei più giovani, si avviliscono. La vera povertà è quando tremi dinanzi alla persona che ami e intendi che non è “tua”, e comprendi che i tuoi stessi figli, la vita che generi, persino il corpo che hai non sono un possesso. La letizia, ovvero la vita come terra fertile, viene da questa fiduciosa leggerezza.

Una società con i suoi poteri democratici è laica perché favorisce e rispetta la libera e personale ricerca del volto del Mistero, non perché elimina il senso e i segni dell’Altissimo. Se no non è laica, ma atea e assolutista. Ogni assolutismo recente ha infatti cercato e cerca di eliminare il Dio di san Francesco per creare nuovi dei e idoli. Ma siccome non può eliminarne la fame e la nostalgia dal cuore delle persone cerca di vietarne le espressioni, o di ricattare le istituzioni religiose che, dal lato loro, hanno la responsabilità di occuparsi di questa fame e nostalgia del cuore, e non di occuparsi, come tali, di campi che competono alla politica, alta forma di carità dei laici, come diceva Paolo VI. San Francesco è un’esplosione di vita. Lo dimostrano quanti acquisti in ogni campo vengono dall’amicizia francescana: dall’arte alla politica, dalla matematica alla economia, dalla scienza alla psicologia. Tanti poeti e artisti sono venuti qui negli anni a farsi guardare da Francesco, e tantissimi uomini e donne vengono a farsi leggere dallo sguardo di san Francesco. E a pregare quel cuore, quello sguardo, le mani ferite d’amore. Vengono da tutto il mondo e da quel mondo vario che è l’Italia. Il Governo ha chiesto a un poeta libero di presiedere il Comitato Nazionale, – arricchito da tante esperte persone – che sta componendo un programma di celebrazioni dell’800 anni dalla morte. Con tutta la umiltà e la forza della poesia – che a san Francesco deve tanto- posso dire che ci stiamo impegnando insieme a tanti enti e associazioni, perché siano celebrazioni commosse, essenziali, sostanziali, e che ne restino segni duraturi belli e buoni. Da iniziative nelle carceri (dove la vita di Francesco cambiò) a quelle nelle scuole, commissionando opere d’arte nuove e durature, facendo risuonare il Cantico in più occasioni possibili, affiancando progetti della citta di Assisi e di altre, e cercando di portare il più possibile nel mondo la figura di San Francesco.

Chiederò al Governo che il 4 ottobre torni a essere festa nazionale. Il santo della pace, il santo dei malati, il santo che ci salvò dagli estremisti religiosi, il santo poeta che amava le allodole e i suoi amici, il santo patrono deve essere posto al centro dell’attenzione. Noi desideriamo patroni in cielo, non padroni sulla terra. La festa di san Francesco potrebbe essere richiamo e consolazione e umile strada offerta a tutti in un momento terribile del mondo e di fatiche quotidiane di ogni genere anche nella nostra terra chiamata Italia. Noi siamo una terra ponte, un incontro tra Oriente e Occidente. Il monaco Francesco poté intendersi con il Sultano che visitò per convertirlo perché anche in quella tradizione c’erano uomini di Dio. Laddove mancano “uomini e donne di Dio” la società soffre. Vogliamo tutti la pace. Ma a volte sembra che siamo capaci solo di fare la guerra per fare la pace. Invece Francesco nel suo Cantico pone il “perdono” come qualifica della vita umana, l’atto più libero e gratuito. Noi siamo questa libertà, non la libertà di comprare o di “reinventarti” ad ogni costo come vuoi.

La libertà vera si vede quando hai l’energia per perdonare, l’energia per amare anche qualcosa che ti è avverso, e persino l’avversario. La pace che tutti desideriamo non si potrà fare in nome della difesa di una idea di libertà sbagliata. Che non soddisfa e ci fa sentire comunque schiavi. Ma avremo più pace tornando alla energia fondamentale della libertà umana, quella da cui nascono arte e perdono, cioè composizione e ricomposizione. E santità. La pace è un dono da chiedere e un impegno nella riscoperta della vera libertà.  Francesco ci guarda, lui si adoperò presso le Istituzioni perché il perdono, anche come virtù “politica” non solo personale, favorisse la pace. E non mancano esempi di questa virtù nella storia del nostro paese.  Piccolino e immenso.

Sappiamo chi è ma anche non lo sappiamo, come un amico eccezionale. Ma ci fa osare. E da qui m’impegno a sollecitare i responsabili del nostro governo che hanno voluto un poeta senza potere alla guida del Comitato per, gli 800 anni di Francesco: cercate la pace, fate di tutto per portare qui ad Assisi i contendenti, portateli qui o ovunque a un tavolo di perdono. Si favorisca il perdono politico tra i contendenti che stanno sbranando il mondo e tanti innocenti. Fatelo nel nome di san Francesco. E fatelo in nome dell’Italia che non è più nulla se non è terra di santi – persone di Dio- poeti – persone della bellezza – e navigatori -persone della scoperta e del coraggio. L’ora è grave, come tante ne attraversò il Santo e l’Italia.  Farò la mia piccola parte. Ognuno faccia la sua, san Francesco ci aiuti e ci sorrida.

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